Tirè al Scopetòn" è uno dei riti e delle usanze più antichi che gli ertani hanno conservato e che si ripetono ogni anno il mercoledì delle ceneri, per dare l’addio al Carnevale ed annunciare la Quaresima, periodo di digiuno, di penitenza e sacrificio. Ma nel mimare il lavoro del boscaiolo tirando l’aringa c’è anche l’esorcizzare la fatica e il magro vivere quotidiano; ripensando a quando in qualche casa, appesa alla catena c’era l’aringa e ti facevano la spia se insaporivi più di una volta il tuo boccone di polenta. Protagonisti sono i boscaioli, gli uomini avvolti nelle loro mantelle, calzano scarponi chiodati, in testa hanno cappellacci e al collo un fazzoletto e portano con sé gli attrezzi tipici del bosco: la barìl (barilotto per l’acqua), funi col stròth (chiodo con anello per il traino), al thapìn, (zappino), utili per il trascinamento de le tàie (dei tronchi), manére (scuri), la frétola (portantina in legno). Sul viso, alcuni portano ancora qualche segno del carnevale, baffi dipinti e occhialoni.
Dai focolari escono le catene che servivano ad appendere il paiolo per cuocere l’immancabile polenta, che insieme al formaggio, costituiva il cibo giornaliero, trascinarle per le vie polverose del paese, era occasione per lucidarle, togliendo, in parte, la nera fuliggine.
Sulla pala di un vecchio badile troneggia al scopetón l’aringa e intorno legate, il groviglio di corde e catene, le cui estremità sono tenute in mano dai boscaioli, formando un lungo traino. A volte c’è anche la presenza di una pecora, di un mulo o di una capra, che aiuta l’uomo nel trascinamento.
Quando tutto è pronto, il corteo si avvia per le strade del paese, imitando la fatica del duro lavoro del boscaiolo che trascina il tronco, sostituito dal scopetón.
Al grido del capo boscaiolo che chiama al colpo, tutti devono tirare con forza per fare avanzare il tronco, fingendo sforzi enormi. Ritornano in mente anche le vecchie melodie, cantate a squarciagola:
Viva le nine,
viva le viole
Viva chìle da Nèrt che le va a mole!
Ogni tanto c’è una sosta, perché dalle case escono gli abitanti per offrire cibo e vino ed alleviare in qualche modo gli stenti.
Il loro arrivo è annunciato dalle grida e dai canti, ma soprattutto dallo stridio del badile e delle catene, oggi sull’asfalto e ieri sui sassi, e voci e rumori riecheggiano tra i muri di pietra.